Recensioni

L’esclusa di Luigi Pirandello

 

Girando per mercatini dell’usato sono solita curiosare nelle bancherelle dei libri, alla ricerca di qualcosa che mi colpisca, meno noto o anche dimenticato. Prima dell’estate, in una di queste situazioni(in copertina c’è ancora il prezzo in lire!!!!), ho trovato il libro che vi presento oggi. Si tratta di L’esclusa di Pirandello, il suo primo romanzo.

Se dopo aver letto che si tratta di un libro di Pirandello, vorreste cambiare pagina, vi chiedo di arrivare alla fine di questa recensione perchè pur essendo il meno noto tra i suoi libri, il più datato è decisamente attuale. Parla di giudizi, di esclusione, di condanne sociali.

Finito di scrivere nel 1883, fu pubblicato a puntate nel 1901. La trama è questa: sorpresa dal marito a leggere la lettera di un uomo, le cui profferte amorose aveva in realtà sempre respinto, Marta Ajala la protagonista di questo romanzo è cacciata innocente da casa. “Esclusa” dalla società in cui vive per avere perso il posto che le era stato assegnato, un posto di moglie sottomessa e annoiata nel quale viveva a disagio ma che la rendeva rispettabile di fronte alla gente, vi sarà, paradossalmente, riammessa solo dopo aver compiuto quella colpa di cui era stata ingiustamente accusata. Alla fine, dunque, Marta si rassegna ad essere di nuovo succube del marito, per quella assurda, inesorabile legge che decide i destini degli esseri umani senza tenere conto della loro volontà.

Il libro è ambientato in Sicilia alla fine dell’800, ma in verità Marta non ha tempo e luogo: è una donna che potrebbe vivere oggi, in qualunque parte del nostro paese. Un romanzo che parla di donne che devono ricoprire ruoli assegnati socialmente, sottomesse, annoiate, ma al loro posto. Perché questo le rendeva rispettabili agli occhi della gente. Marta viene condannata per non essere rimasta al suo posto: una condanna sociale a cui viene esposta e che si inserisce in una cultura ripiegata su se stessa e maschilista. Per tutto il romanzo Marta lotta ostinatamente per il proprio riscatto morale ed economico. Ma senza gioia. L’ambiente di cui fa parte, comunque, ha deciso di collocarla tra i vinti.

Colpisce il dialogo con la madre, quando parlano della riconciliazione con il marito:

  • Vuole riconciliarsi, è vero? – disse
  • Sì,sì – affermò con gioia la madre. Ma le cadde subito, quella gioia, di fronte al cupo aspetto di Marta.
  • Ti pare possibile ormai? – domandò questa, lasciando cadere le parole e guardandola negli occhi.
  • Come! Perché? – esclamò la madre, stupita.
  • Perché? Egli mi rivuole, non lo voglio più io.
  • Come! E non pensi …ma come? – balbettò la madre – Se questa è per te la riparazione! Non vedi che ti si rende giustizia in faccia al mondo? E vuoi ricusarti? Come?
  • Giustizia…riparazione….- la interruppe Marta – tu ci credi mamma? (…..)
  • …Mamma è inutile! Io dico: credi tu che quello che mi hanno fatto, prima lui, Rocco, poi il babbo, sia riparabile? No mamma, no: non si ripara…io rimarrò, stanne pur certa, quella che sono, né più né meno, nel concetto della gente….Sai che si dirà? Si dirà c’egli ha perdonato; nient’altro! e rideranno di lui, come d’un imbecille…Io sarò sempre la colpevole….

Colpevole prima ed esclusa, poi. La parola che dà il titolo al romanzo viene usata dall’autore quando in realtà sembra pronta la rivincita di Marta: la lotta che le ha fatto conquistare quel tanto desiderato posto di maestra, grazie al quale mantenere la madre e la sorella, si accompagna da vissuti di solitudine, di isolamento, dalla consapevolezza dell’impossibilità di reinserirsi nella società. Un personaggio complesso apparentemente decisa e combattiva, in grado di raggiungere anche risultati, ma mai in grado di risolvere i propri conflitti interiori e sempre dominata dalle circostanze. Alla fine, dunque, Marta si rassegna ad essere di nuovo succube del marito, per quella assurda, inesorabile legge che decide i destini degli esseri umani senza tenere conto della loro volontà.

Mi piacerebbe che questo libro fosse consigliato nelle scuole, al posto dei ben più noti dello stesso autore. Così drammaticamente moderno. Spero che la sua lettura insieme a tante altre, possa portare a scrivere nelle storie di donne future, finali diversi.

Il segnalibro rappresenta Marta: occhi spenti, dietro a quel tentativo non riuscito di fiorire….

Buona lettura!

L’eleganza del riccio di Muriel Barbery

 

Ho avuto questo libro sul comodino per tre anni. lo comprai appena divenne un caso editoriale. Ho fatto diversi tentativi ma non sono mai riuscita ad andare oltre la decima pagina. C’era qualcosa di disturbante in quelle prime pagine: mi chiamo Renée. Ho cinquantaquattro anni…sono vedova, bassa, brutta, grassottella, ho i calli ai piedi e, se penso a certe mattine autolesionistiche, l’alito di un mammut. Non ho studiato, sono sempre stata povera, discreta e insignificante. E l’altra protagonista, Paloma: Io ho dodici anni….la gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia. Mi chiedo se non sarebbe più semplice insegnare fin da subito ai bambini che la vita è assurda…per questo ho preso una decisione: alla fine dell’anno scolastico, il giorno dei miei tredici anni, il 16 giugno prossimo, mi suicido.  

Una cara amica recentemente mi ha incoraggiato a riprovarci, ad andare oltre quel disturbo. È stato un grande regalo. E spero lo possa essere anche per voi. L’eleganza del riccio racconta la storia di molti: la difficoltà di mostrarsi per come si è, assumendo uno spirito oppositivo e provocatorio come quello di Paloma; nascondersi per il timore di coprire altre posizioni, per una convinzione più o meno inconscia di non poterselo meritare.

Il disturbo iniziale lascia spazio alla tenerezza, alla semplicità anche come scelta narrativa e stilistica; l’incontro con il giapponese apre ad un crescendo di piacere, desiderio, in cui arrivi a credere nel cambiamento. Alla possibilità che qualcosa possa cambiare. Il finale, un drammatico ritorno alla realtà. Profetiche le parole di Renée: ero destinata alla punizione se solo avessi osato trarre vantaggio dalla mia mente a dispetto della mia classe sociale. In definitiva, poiché non potevo smettere di essere ciò che ero, la mia unica possibilità mi parve quella del segreto: dovevo tacere ciò che ero e non intromettermi mai nell’altro mondo. Un finale che, d’altra parte, spinge la giovane Paloma ad incontrare il mondo. A scegliere la vita: che espone a disperazione, ma anche ad istanti di bellezza.

Il segnalibro, non so se abbia a che fare con il libro…..ma il mio tentativo di descriverlo è stato interrotto da una spinta creativa, quasi urgente, che ha preso questa forma….forse la rappresentazione di ciò che era stato sempre nascosto…..un’ elegante bellezza. Alla prossima…..

Occhi Felici di Ingeborg Bachmann

 

Il segnalibro ha cercato di rendere l’idea di un mondo con forme e contorni indefiniti. Come quello che preferisce guardare Miranda.

Pastorale Americana di Philip Roth

 

Nella quarta di copertina Alessandro Baricco lo definisce “Il libro più bello degli ultimi anni della letteratura americana ” e vi troviamo una breve descrizione. Seymour Levov è un ricco americano di successo:al liceo lo chiamano “lo Svedese”. Ciò che pare attenderlo negli anni Cinquanta è una vita di successi professionali e gioie familiari. Finchè le contraddizioni del conflitto in Vietnam non coinvolgono anche lui e l’adorata figlia Merry, decisa a portare la guerra in casa, letteralmente. Un libro sull’amore e sull’odio per l’America, sul desiderio di appartenere a un sogno di pace, prosperità e ordine, sul rifiuto dell’ipocrisia e della falsità celate in quello stesso sogno.

Questo libro nel 1997 ha vinto il Pulitzer per la letteratura e nel 1998 il più alto riconoscimento americano per la narrativa. Premio più che meritato. A mio parere, Roth è la narrativa. Al di là dei contenuti, della storia, lo stile narrativo di Roth riesce a farti sentire dentro la storia, con i sentimenti che riesce ad evocare: un protagonista  che per ogni cosa apre molte, infinte associazioni, dettagliate, piene di particolari, esasperanti. Tutto questo, inconsapevolmente, per non entrare in contatto con quello che succede dentro e fuori di lui, senza mai entrare veramente in contatto con chi gli sta accanto. La bomba. Che ti obbliga con violenza a renderti conto di chi hai davanti. Guardami, guarda chi sono, chi sono diventata! Un’esplosione. Una reazione che senti nascere dentro di te mentre leggi le infinte descrizioni di questo uomo incapace di reagire da cui ti senti non visto. Monologhi, quasi, senza fine. O meglio, la sua fine.

Nel segnalibro, un’apparente normalità che viene interrotta da un’esplosione.